DEFINIZIONE PANETTONE, PANDORO E ALTRI DOLCI TIPICI

DEFINIZIONE PANETTONE, PANDORO E ALTRI DOLCI TIPICI

Foto di Silvia Rao da Pixabay

Ricordiamo in occasione dell’approssimarsi delle imminenti festività le regole relative alla produzione di alcuni prodotti dolciari

Il Decreto Ministeriale del 22 luglio 2005, emanato in attuazione della legge n. 350/2003 ha disciplinato la produzione di alcune specialità della tradizione dolciaria italiana al fine di proteggere la tipicità nazionale di questi prodotti.

La norma ha definito per ciascun prodotto la regola di produzione e le relative caratteristiche qualitative. In particolare il “Panettone”, il “Pandoro” e la “Colomba”, insieme a “Savoiardo” ed “Amaretto”, a partire dal 1 agosto 2005 hanno una precisa carta di identità che individua definizioni, composizione, regole di etichettatura e processi tecnologici.

Nel 2017 il Ministero dello Sviluppo Economico ha voluto apportare alcuni correttivi attraverso il Decreto 16 maggio 2017 pubblicato in G.U. del 14 giugno 2017.

Le principali novità introdotte sono state:

  1. è possibile denominare Panettone, Pandoro, Colomba, Savoiardo e Amaretto anche preparazioni per intolleranti al glutine, a patto che siano rispettate le norme comunitarie (Reg. 828/201) e con solo con le sostituzioni tecnologicamente necessarie
  2. le uova usate per Panettone, Pandoro e Colomba possono essere sostituite da tuorli d’uovo ma sempre con uova di categoria A
  3. viene definito più precisamente l’ingrediente burro
  4. si può usare anche sale iodato per tutti i prodotti
  5. solo per la Colomba è possibile usare anche grassi vegetali e non solo oli vegetali. E’ possibile utilizzare il termine Colombina a indicare un prodotto di piccole dimensioni
  6. non è possibile usare sfarinati di cereali come ingredienti caratterizzanti per gli Amaretti
  7. è fornito uno schema di calcolo per Panettoni, Pandori e Colombe con il quale è più semplice misurare i parametri dei vari ingredienti
  8. Attenzione!: sono prescritte sanzioni amministrative (da 3000 a 15000 euro) con previsione di una sanzione per pubblicità ingannevole nel caso di prodotti che, pur riportando denominazioni di vendita diverse da quelle stabilite nel decreto e non rispettando le caratteristiche di composizione quali-quantitative previste, utilizzano forme e modalità di presentazione identiche e confondibili con i prodotti disciplinati, creando confusione nel consumato.
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