Gestione delle terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto: chiarimenti del Ministero dell’Ambiente per PA e professionisti

Il Ministero dell’Ambiente ha pubblicato un’importante circolare del 10 novembre di interesse per PA e professionisti perché fornisce alle amministrazioni chiarimenti interpretativi al fine di uniformarne l’azione amministrativa in merito alla disciplina delle matrici materiali di riporto e all’utilizzo che di tali materiali possono farsi anche in considerazione delle nuove disposizioni in materia contenute nel dpr 120/2017 – regolamento recante la disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’articolo 8 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164.

Si chiarisce, nello specifico. che:
a) le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto nei limiti di cui all’art. 4, comma 3, del DPR 120/2017, che risultino conformi al test di cessione e non risultino contaminate, possono essere gestite come sottoprodotti;
b) le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto non contaminate e conformi al test di cessione ai sensi dell’art. 3, comma 2, del decreto-legge 2/2012 possono essere riutilizzate in sito in conformità a quanto previsto dall’art. 24 del DPR 120/2017;
c) le terre e rocce da scavo contenenti matrici materiali di riporto contaminate e non conformi al test di cessione ai sensi del comma 3 dell’art.3 del decreto-legge 2/2012, in relazione ai successivi interventi normativi rappresentati dall’art. 34, commi 9 e 10, del decreto-legge 133/2014 e dall’art. 26 del DPR  120/2017 sono fonti di contaminazione.

Nell’ultimo caso, ai sensi dell’art. 3 comma 3 del decreto legge 2/2012, le matrici materiali di riporto che non siano risultate conformi ai limiti del test di cessione devono, alternativamente e non cumulativamente, essere:

1. rimosse;
2. sottoposte a messa in sicurezza permanente utilizzando le migliori tecniche disponibili e a costi sostenibili che consentano di utilizzare l’area secondo la destinazione urbanistica senza rischi per la salute. Tali attività vanno intraprese in tutte quelle ipotesi in cui la normativa sulle bonifiche prevede l’applicabilità della messa in sicurezza permanente;
3. rese conformi ai limiti del test di cessione tramite operazioni di trattamento che rimuovano i contaminanti. Tali attività vanno intraprese nel caso in cui il suolo viene escavato e ai fini del suo eventuale successivo utilizzo, non ricorrano le condizioni per la gestione in qualità di sottoprodotto o per il riutilizzo in sito, ai sensi, rispettivamente, degli artt. 4, comma 3, e 24, comma 1, del DPR 120/2017. In tali casi si prevede il “trattamento” di tali matrici, che ai sensi dell’art.183, comma 1, lettera s), del d.lgs. 152/2006 consiste in tutte quelle “operazioni di recupero o smaltimento, inclusa la preparazione prima del recupero o dello smaltimento“.

Riassumendo
Nel caso le matrici materiali di riporto rispettino la conformità alle concentrazioni soglia di contaminazione/valori di fondo, e pertanto non risultino essere contaminate, è sempre consentito il riutilizzo in situ.

Nel caso invece in cui nelle matrici materiali di riporto sia presente una fonte di contaminazione è necessario procedere alla eliminazione di tale fonte di contaminazione e non dell’intera matrice materiale di riporto prima di poter riutilizzare in situ il materiale di riporto stesso.

 

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